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                          N. 11 - Aprile 2006 
                          
                          
                          IL SACRO BOSCO DI BOMARZO 
                          
                          
                          Giardino delle meraviglie 
                          
                          di 
                          Matteo Liberti 
                          
                            
                          
                          
                          “Voi che pel mondo gite errando vaghi di veder 
                          meraviglie alte et stupende venite qua ove tutto vi 
                          parla d’amore e d’arte”... 
                          
                            
                          
                          
                          Bomarzo è un piccolo paese dell’alto Lazio, arroccato 
                          su di una collina tufacea, proprio accanto alla valle 
                          del Tevere. Tutto il paese è dominato dal grande, 
                          sfarzoso, palazzo della famiglia Orsini, che ebbe per 
                          molti secoli un ruolo notevole negli affari romani. 
                          
                            
                          
                          
                          All’inizio del secolo XVI le fortune degli Orsini 
                          stavano però declinando, mentre un'altra famiglia, 
                          quella dei Farnese, stava consolidando la propria 
                          ricchezza ed il proprio potere, massimamente durante 
                          il pontificato di Alessandro Farnese, che fu Paolo III 
                          dal 1534 al 1550. 
                          
                          
                          L’unione tra le due famiglie si trovò nel matrimonio 
                          tra Pier Francesco Orsini e Giulia Farnese, una figlia 
                          di Galeazzo Farnese, duca di Latera e parente di Paolo 
                          III. 
                          
                            
                          
                          La 
                          coppia prese residenza a Bomarzo, nel magnifico 
                          palazzo e nel mezzo delle tenute del principe, il 
                          Sacro Bosco. 
                          
                            
                          
                          E’ 
                          qui, nel bosco, all’ingresso di un particolare 
                          giardino, che è da allora possibile leggere i 
                          versi con cui abbiamo iniziato, che furono scritti da 
                          un poeta del XVI secolo, quando prese corpo quel 
                          dedalo di mostruose meraviglie che ancora oggi, 
                          seppur in parte sepolte nel verde, è possibile 
                          ammirare. 
                          
                            
                          
                          Era 
                          il 1552, quando il principe iniziò a pensare ad una 
                          villa delle meraviglie. 
                          
                          L'incarico 
                          venne affidato all’architetto Pirro Logorio, lo stesso 
                          che ebbe il compito di completare la costruzione di 
                          San Pietro dopo la morte di Michelangelo. 
                          
                            
                          
                          La 
                          costruzione del giardino accelerò quando Giulia 
                          Farnese morì e Vicino, che già era disgustato dalla 
                          vita politica e militare, decise di ritirarsi in 
                          privato, volendo sfogare la propria tristezza ma anche 
                          dedicarsi al suo amore per le discipline alchemiche ed 
                          esoteriche, ben rappresentato nel labirinto di 
                          sculture che stava facendo erigere. 
                          
                            
                          
                          Si 
                          doveva realizzare un luogo dove fosse possibile 
                           “sfogare il 
                          
                          core",  ma anche 
                          
                          stupire gli occhi degli ospiti 
                          visitatori, conducendoli in un regno di sogno, 
                          stimolando al tempo stesso la loro intelligenza e la 
                          loro cultura, in un gioco di richiami mitologici e di 
                          enigmi, tra statue di sirene, mostri marini, 
                          tartarughe giganti, satiri, sfingi, draghi, maschere, 
                          tempietti, falsi sepolcri e giochi illusionistici. 
                          
                            
                          
                          Il 
                          Giardino delle Meraviglie di Bomarzo venne concepito 
                          come una nuova meraviglia del mondo, così eccezionale 
                          ed unica che nessuna cosa le potesse assomigliare... 
                          
                          Quel 
                          che prese corpo fu un calderone di pietra e di bosco, 
                          in cui sono fuse varie tradizioni, da quella pagana a 
                          quella magico-esoterica ed alchimistica, da quella 
                          ermetica a quella orientaleggiante ed esotica, che 
                          accentuano il senso di disorientamento all’interno di 
                          questa particolare dimora filosofale. 
                          
                            
                          
                          Dimora popolata da 
                          particolari ospiti guardiani... 
                          
                          Tra 
                          le opere che si possono incontrare, una delle prime è 
                          costituita da una statua di Ercole che squarta Caco, 
                          un figlio del dio Vulcano, durante l’espletamento 
                          della decima delle sue fatiche. Accanto alla statua 
                          c'è la scritta, leggibile solo in parte, "Se Rodi 
                          fu già del suo colosso pur di questo il mio bosco anco 
                          si gloria ed per più nun poter fo quanto posso". 
                          
                          
                           
                          
                          Vi è 
                          poi un ninfeo, con le tre grazie abbracciate, 
                          preceduto da un gruppo con una tartaruga, una donna e 
                          una balena; e poi Pegaso, il cavallo alato, ed il 
                          mastodontico gruppo con l'elefante, la torre, la guida 
                          ed il legionario, seguito dalla più famosa delle 
                          sculture di Bomarzo: una testa maligna dagli occhi 
                          sbarrati e la bocca spalancata, oggi emblema del Parco 
                          dei Mostri. 
                          
                            
                          
                          Per 
                          qualcuno è un orco, per altri la porta dell'Inferno; 
                          al suo interno c'è un tavolo di pietra che invita al 
                          banchetto. Prima, sotto al naso, la scritta 
                          "Lasciate ogni pensiero voi ch'entrate", parafrasi 
                          dantesca modificata poi in “Ogni pensiero vola”. 
                          
                            
                          
                          
                          Subito dopo si può incontrare un gigantesco 
                          personaggio con il volto accigliato e dalla lunga 
                          barba, seduto con alla sua destra un mostro marino con 
                          le fauci spalancate. 
                          
                          
                          Anche in questo caso resta il dubbio: c’è chi lo 
                          indica come Nettuno, il dio del mare, e chi come 
                          Plutone, dio degli inferi. 
                          
                            
                          
                          
                          Di fronte, ecco la Panca etrusca, 
                          che invita il visitatore con la scritta "Voi che 
                          pel mondo gite errando, vaghi di veder maraviglie alte 
                          et stupende, venite qua, dove son faccie horrende 
                          elefanti, leoni, orsi e draghi".
                          
                          
                            
                          
                          
                          Simbologie, frasi ammiccanti e colpi di scena: eccoci 
                          di fronte 
                          all’ennesimo gioco che contrappone la realtà e la 
                          finzione, una via teatrale che è una dominante nelle 
                          stravaganze manieristiche. 
                          
                          
                          Eccoci di fronte ad una 
                          casa obliqua... 
                          
                          
                          
                            
                          
                          
                          
                          Più in alto, in una radura, sorge un 
                          tempietto 
                          in 
                          stile dorico, di forma ottagonale. Il soffitto è ben 
                          decorato con i tipici gigli dei Farnese e con le rose 
                          degli Orsini, a memoria dell'unione di Vicino con la 
                          moglie Giulia. 
                          
                            
                          
                          
                          L'erezione del tempietto fu infatti una dedica di 
                          Vicino all'amatissima moglie Giulia Farnese, e fu 
                          probabilmente il suo Mausoleo. 
                          
                            
                          
                          Alla 
                          fine del sentiero si trova poi la grande testa di un 
                          mostro marino, sovrastata da con un globo decorato con 
                          i simboli araldici degli Orsini, che è a sua volta 
                          dominato da un castello, probabilmente quello di 
                          Bomarzo. Secondo alcuni 
                          siamo di fronte 
                          alla 
                          testa di Proteo, il vecchio del mare cui Poseidone 
                          aveva affidato il ruolo di custode di tutte le specie 
                          animali abitanti del mare. Proteo, abile nell'arte 
                          divinatoria, era in grado di trasformarsi in qualsiasi 
                          cosa. 
                          
                          Un ennesimo 
                          rimando alle filosofia esoterica... 
                          
                            
                          
                          Se 
                          il parco fosse destinato a particolari individui alla 
                          ricerca di una sorta di lato segreto delle cose, 
                          una specie di iniziati, oppure se si trattasse di pura 
                          opera d’arte, resta un piacevole mistero. 
                          
                          Lo 
                          stesso Vicino, d'altronde, fa scrivere ambiguamente:
                          “Tu ch’entri qua con mente parte a parte et dimmi 
                          poi se tante meraviglie sien fatte per inganno o pur 
                          per arte…”. 
                          
                            
                          
                          Non 
                          per arte, né per meraviglia, fu l'abbandono totale del 
                          parco dopo 
                          la morte del principe Vicino Orsini. Dopo di lui 
                          nessuno si prese cura del suo piccolo capolavoro di 
                          arte manierista, che per più di trecento anni riposò 
                          in silenzio, nel sacro Bosco. 
                          
                          I 
                          muschi coprirono le creature di meraviglia. 
                          
                            
                          
                          Dopo 
                          il lungo oblio, il giardino fu finalmente ri-scoperto, 
                          probabilmente durante la visita a Bomarzo di Salvador 
                          Dalì, nel 1938: il pittore ne fu pienamente colpito, 
                          trovando ispirazione per una delle sue opere: il 
                          visionario Le Tentazioni di Sant'Antonio. 
                          
                          Dalì 
                          realizzò anche un piccolo filmato per far conoscere a 
                          tutti le bizzarrie e gli enigmi di quel giardino 
                          incantato e meraviglioso, partorito da una mente 
                          triste e curiosa. 
                          
                            
                          
                          Dopo 
                          la ri-scoperta, la rivalutazione, il cui merito andò 
                          alla famiglia Bettini. 
                          
                          
                          Giovanni Bettini, un grande appassionato di Arte, 
                          comprò l'intero parco e iniziò, insieme alla moglie 
                          Tina Severi, un attento restauro. 
                          
                          Era 
                          il 1954. 
                          
                            
                          
                          Da 
                          cinquanta anni il Giardino delle Meraviglie, 
                          rinominato Parco dei Mostri (probabilmente per 
                          lo stato in cui vennero ritrovate le sculture), è 
                          diventato un luogo aperto a chi lo voglia ammirare. 
                          
                          L’eclettico 
                          principe Vicino, che lo fece erigere dal sogno, ha 
                          così ottenuto il suo piccolo dono d’immortalità.  |