[ISSN 1974-028X]

[REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE CIVILE DI ROMA N° 577/2007 DEL 21 DICEMBRE] *

 

N° 214 / OTTOBRE 2025 (CCXLV)


contemporanea

BROOKLYN BRIDGE
STORIA DEL PRIMO ponte SOSPESO CON CAVI D’ACCIAIO, SIMBOLO DI NEW YORK
di Matteo Liberti

 

Il 17 maggio 1884 i newyorkesi poterono osservare uno spettacolo oltremodo originale: un elefante di nome Jumbo, dal peso record di oltre sei tonnellate, a spasso sul ponte di Brooklyn, seguito da altri 20 elefanti, 7 cammelli e 10 dromedari. Gli esotici animali erano stati messi a disposizione dal noto imprenditore circense Phineas Taylor Barnum, e il loro ruolo era di “collaudatori” del ponte. Quella monumentale struttura sospesa, all’epoca la più lunga al mondo, era infatti stata inaugurata da poco meno di un anno, e dopo un’accoglienza entusiastica i cittadini avevano iniziato a dubitare della sua tenuta. Già in passato, peraltro, erano stati in pochi a credere possibile la realizzazione di tanta meraviglia ingegneristica. In mezzo a quei pochi, c’era l’immigrato tedesco John Augustus Roebling, di professione ingegnere e con il pallino dei ponti sospesi. È a lui che si deve la nascita del simbolo per eccellenza della Grande Mela, “immaginato” in un gelido giorno del 1852.

Necessità impellente
 
Nel corso dell’Ottocento capitò spesso, durante gli inverni più rigidi, che l’East River, il fiume che divide l’isola di Manhattan dall’area di Brooklyn (all’epoca due cittadine distinte), si ghiacciasse, rendendo impossibile l’attraversamento. E in quell’inverno del 1852, a rimanere bloccato per ore su un traghetto in mezzo al ghiaccio fu, tra gli altri, proprio John Roebling, assieme al figlio quindicenne. Fu in quell’occasione, rivelerà poi il ragazzo, che il padre si mise in testa di erigere un maestoso ponte che liberasse i newyorkesi dalle limitazioni del maltempo. All’epoca, erano tra l’altro già molti gli abitanti di Brooklyn che lavoravano a Manhattan, costretti ogni giorno ad attraversare l’East River su imbarcazioni lente e disagevoli. Le cose proseguirono così ancora per alcuni anni, finché nel gennaio 1867 una nuova gelata tornò a fermare i traghetti, inducendo le istituzioni locali a emanare finalmente un disegno di legge per la costruzione di un ponte. A gestire l’impresa sarebbe stata la neonata “New York Bridge Company”, assieme a un’omologa compagnia di Brooklyn. Per la direzione dei lavori e la stesura del progetto si pensò naturalmente a Roebling, che aveva a curriculum varie strutture sospese in tutto il Nord America (tra cui la prima dotata di ferrovia, presso le cascate del Niagara) e che da quel 1852 non aveva smesso di pensare a un grande ponte sull’East River.
 
Progetto ambizioso
 
Il Brooklyn Bridge, primo ponte sospeso con cavi d’acciaio, materiale simbolo della “seconda rivoluzione industriale”, si prospettò da subito come l’opera ingegneristica più imponente dell’epoca. Il progetto prevedeva l’edificazione di due grandi torri in stile neogotico, di circa 85 metri di altezza (quando i palazzi più alti di Manhattan superavano di poco i 10 metri), da realizzare con calcare e granito. Tali strutture, erette presso i lati del fiume e collegate alle rispettive sponde, avrebbero sostenuto una campata di circa mezzo chilometro. A tenere il tutto “in tiro”, una serie di enormi cavi d’acciaio. Quanto alle misure finali, la larghezza del ponte avrebbe superato i 20 metri e la lunghezza complessiva i 1.800 metri. Un progetto davvero ambizioso, tanto più che bisognava fare i conti con la particolare conformazione del fondale dell’East River, talmente fangoso e sabbioso che era impossibile prevedere a quale profondità si trovasse il fondo roccioso utile a sorreggere l’enorme struttura del ponte. John Roebling mantenne tuttavia sempre vivo il proprio ottimismo, e nel 1869, dopo l’attenta revisione di ogni dettaglio, i lavori poterono iniziare. Solo che, all’improvviso, il caparbio ingegnere morì.
 
Affare di famiglia
 
A Roebling fu fatale un incidente capitatogli a giugno, mentre era su una banchina sulla sponda di Brooklyn, urtata da un traghetto in fase di attracco. Nella collisione, l’ingegnere si ferì a un piede e i medici dovettero amputargli le dita, ma Roebling si ammalò poi di tetano e il 22 luglio 1869, all’età di 63 anni, si spense per sempre. Non però il suo sogno: la responsabilità del progetto venne infatti assunta dal figlio Washington, ormai trentaduenne, anch’egli ingegnere. Al suo fianco, la moglie Emily Warren.
 
L’inferno dei cassoni
 
La prima fase del progetto prevedeva dunque lo scavo del fondale dell’East River ed era forse la parte più ardua. Di certo, quella che fece più vittime. Molti operai furono infatti colpiti dalla cosiddetta “malattia dei cassoni”, che nei casi peggiori poteva portare a paralisi se non addirittura al decesso. Alla base di tutto vi erano le condizioni infernali in cui si lavorava. Gli operai agivano infatti all’interno di grandi cassoni pneumatici in legno, versione extralarge delle tradizionali campane subacquee. Questi, aperti alla base, venivano adagiati sul fondo del fiume, vi si immetteva poi aria compressa, affinché l’acqua fuoriuscisse, e tramite apposti condotti i lavoratori vi si calavano dentro per scavare, mentre al di sopra si andava costruendo la torre (una volta raggiunta la profondità giusta, il cassone sarebbe stato riempito di calcestruzzo, fungendo da fondamenta). Ebbene, oltre a ritrovarsi stipati in spazi angusti, con temperature e umidità soffocanti, gli operai soffrirono gli sbalzi di pressione durante le risalite dal letto dell’East River, iniziando appunto a patire la “malattia da decompressione”, o “dei cassoni”, derivante dalla formazione di embolie nel circolo sanguigno, al pari di quanto accade ai subacquei quando riemergono troppo velocemente, senza fare pause di decompressione. Il lavoro nei cassoni (posizionati alla fine a una profondità di una dozzina di metri su lato di Brooklyn e di oltre venti su quello di Manhattan) terminò nel 1872, non prima che si ammalasse anche Washington Roebling, risalito un giorno troppo in fretta dopo un giro di controllo.
 
Indomita Emily
 
Il figlio del compianto John perse in poco tempo l’uso delle gambe, ritrovandosi costretto su una sedia a rotelle, ma anche in questo caso l’ambizioso progetto del ponte proseguì nella sua attuazione, stavolta grazie a Emily Warren Roebling, la caparbia sposa di Washington. Quest’ultimo, armato di cannocchiale, supervisionava i lavori dalle finestre della sua casa a Brooklyn, mentre lei, ricevendone quotidianamente i dispacci con le indicazioni per gli operai, coordinava sul campo l’esecuzione del progetto, studiando nel frattempo testi di ingegneria civile. Divenne così la prima donna “capo cantiere” che la Storia ricordi. Nonostante il presentarsi di nuove difficoltà tecniche e il ripetersi di incidenti d’ogni genere (alla fine si conteranno oltre venti decessi), nel 1876 furono ultimate le torri, con i relativi ancoraggi alle sponde, e nell’aprile 1883 fu completata la grande campata centrale, la cui lunghezza finale si assestò sui 486 metri. Emily ufficializzò a quel punto la fine dei lavori, che avevano impegnato un totale di circa 600 operai, e annunciò la prossima inaugurazione del ponte, fissata per il 24 maggio 1883. All’evento partecipò una folla sterminata, e la prima a camminare sul Brooklyn Bridge fu proprio Emily, seguita da 150.000 curiosi. Per l’occasione, si svolse anche una regata, e la festa fu chiusa da uno spettacolo di fuochi d’artificio che illuminò a giorno il nuovo skyline newyorkese.
 
Unione decisiva
 
Poco tempo dopo l’inaugurazione, un episodio di isteria collettiva rallentò il successo del ponte. Un giorno, tra un gruppo di persone che vi transitavano, si sparse la voce che la struttura stesse crollando, e la gente, in preda al panico, iniziò a correre per mettersi in salvo, travolgendo chi cadeva a terra. Morirono in 12, ed è proprio per indurre i newyorkesi ad avere nuovamente fiducia nel ponte che, nel 1884, giunse lo show degli elefanti di Barnum (per lui un’eccezionale operazione di marketing). Da allora, il ponte entrò definitivamente nel cuore di tutti, e la storica “unione” delle sponde dell’East River fu l’antipasto di quanto avvenne nel 1898, quando un provvedimento detto “accorpamento”, o “consolidation”, unì sul piano istituzionale Manhattan a Brooklyn e ad altre realtà cittadine limitrofe (Bronx, Queens e Staten Island), dando vita all’odierna metropoli di New York. Peraltro, il ponte-simbolo della città aveva all’epoca un nome diverso da oggi. All’inizio fu infatti chiamato “New York and Brooklyn Bridge”, divenendo poi “East River Bridge” e solo nel 1915 “Brooklyn Bridge”. Nel 1964 è stato quindi dichiarato monumento storico nazionale, mentre in precedenza, nel 1951, vi era stata posta una targa, tuttora visibile ancora oggi, in omaggio all’impegno di John Augustin Roebling e dei suoi cari. La dedica principale è per Emily. Tra le altre cose, vi è infatti inciso: “Dietro ogni grande opera possiamo trovare l’altruismo di una donna”.

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[ iscrizione originaria (aggiornata 2007) al tribunale di Roma (editore eOs): n° 215/2005 del 31 maggio ]