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										contemporanea 
										
										
										SULL'ARMISTIZIO DELL'8 SETTEMBRE 1943 
										
										UNA STORIA ITALIANA / Parte I 
										
										
										di Stelvio Garasi 
										
										  
										
										Il compimento dell’armistizio tra 
										l’Italia e le potenze alleate 
										rappresenta un momento importante nel 
										corso del secondo conflitto mondiale. 
										Tale evento è decisivo sia per le 
										vicende interne dell’Italia, sia a 
										livello internazionale e sia per le 
										sorti del conflitto; nel contempo 
										risalta l’inettitudine e la pochezza 
										morale della vecchia classe dirigente ed 
										è anche il primo segnale del crollo 
										dell’Asse e della prossima vittoria 
										finale delle potenze alleate. 
										 
										
										  
										
										Altro elemento caratterizzante la data 
										dell’8 settembre nella memoria 
										collettiva è che rappresenta uno dei 
										momenti più tragici della storia 
										dell’Italia unita. Alla proclamazione 
										dell’armistizio il re e le massime 
										autorità – capo del governo e gerarchie 
										militari – fuggono precipitosamente, 
										lasciando come unica direttiva il 
										laconico messaggio alla Nazione e alle 
										Forze Armate letto alla radio (EIAR) 
										alle 19,42 che annunciava al Paese 
										l’avvenuta firma di un armistizio con 
										gli Alleati, quest’ultime dovevano però 
										reagire «ad eventuali attacchi da 
										qualsiasi altra provenienza». 
										 
										
										  
										
										Le ripercussioni per l’Italia sono 
										tremende: il disfacimento dell’esercito 
										rimasto senza direttive precise e la 
										chimera di uscire dal conflitto e di 
										schierarsi dalla parte degli Alleati, e 
										ignorare l’umiliazione di paese 
										sconfitto, l’Italia è in preda alla 
										vendetta dei tedeschi, ogni tentativo di 
										resistenza delle truppe italiane viene 
										represso nel sangue.  
										
										  
										
										Nelle giornate che seguono le truppe 
										tedesche catturano in Italia e fuori dal 
										territorio nazionale, in Francia, nei 
										Balcani, in Grecia e nelle isole 
										dell’Egeo un milione e settemila 
										militari, circa 280.000 riescono a 
										sottrarsi alla prigionia, 750.000 sono 
										deportati in Germania e Polonia e nei 
										territori occupati dal terzo Reich. Per 
										circa due anni l’Italia diviene un 
										immenso campo di battaglia dove si 
										fronteggiano due eserciti quello alleato 
										che sbarcato in Sicilia nel luglio del 
										1943, sta risalendo lentamente la 
										penisola e quello tedesco deciso a non 
										arretrare nell’intento di tenere lontano 
										dalla guerra i propri confini. 
										 
										
										  
										
										Nel mezzo è coinvolta la popolazione 
										civile vittima di violente incursioni 
										aeree da parte degli Alleati e feroci 
										repressioni da parte degli occupanti 
										tedeschi. Ancora oggi sull’evoluzione 
										dell’armistizio e le risoluzioni 
										politiche che intraprendono il governo 
										italiano e gli Alleati a conclusione 
										delle trattative le cui conseguenze sia 
										militari che politiche meritano 
										attenzione di essere studiati 
										attentamente. Su questo avvenimento 
										infatti gli storici tutt’ora espongono 
										tesi contrastanti. 
										
										  
										
										Su questo tema il primo governo 
										antifascista presieduto da Ivanoe Bonomi 
										nell’autunno del 1944 sente il dovere di 
										aprire un’inchiesta, per far luce su 
										alcuni interrogativi. La commissione 
										nominata è presieduta da un civile, 
										l’avvocato Mario Palermo, ne fanno parte 
										anche due alti ufficiali, il generale 
										Pietro Ago e il generale Luigi Amante, i 
										lavori procedono tra molti ostacoli 
										anche se evidenziano le responsabilità 
										del governo presieduto dal maresciallo 
										Badoglio e dalle alte sfere militari sul 
										disfacimento delle Forze armate e della 
										mancata difesa di Roma alle 
										dall’occupante tedesco.  
										
										  
										
										L’inchiesta produce una quantità di 
										documentazione, che però non può 
										manifestarsi in una incriminazione 
										sostanziale. Il presidente della 
										commissione si limita a ottenere 
										l’allargamento dell’indagine non solo 
										delle responsabilità militari, ma anche 
										soprattutto di quelle politiche. 
										Contemporaneamente viene costituita 
										un’altra commissione per le sanzioni 
										contro il fascismo istituita con una 
										legge del luglio 1944 che vede come 
										commissario aggiunto il comunista Mauro 
										Scoccimarro che ha come mandato 
										accertare le responsabilità e 
										l’epurazione nei confronti di alti 
										funzionari e di diversi generali che 
										sono messi in congedo per la mancata 
										difesa di Roma, alcuni come i generali 
										Del Tetto e Pettimalli sono arrestati 
										per la mancata difesa di Napoli, vi è 
										anche il tentativo di incriminare lo 
										stesso Badoglio. L’operato dell’alto 
										commissario aggiunto viene però 
										osteggiato all’interno del governo 
										Bonomi e le conseguenti dimissioni dei 
										Ministri Soleri e De Curten e dello 
										stesso Presidente del Consiglio. 
										 
										
										  
										
										Una terza inchiesta istituita nel 
										dicembre 1943 per opera del capo di 
										Stato Maggiore Giovanni Messe su 
										incarico di Badoglio ha esiti negativi 
										per l’omertà all’interno delle alte 
										gerarchie militari e anche da parte del 
										promotore, di conseguenza le istruttorie 
										nascondono la verità anziché fare 
										emergere le eventuali responsabilità. 
										Sia la commissione Palermo che quella 
										del comando producono una quantità di 
										materiale importante per la 
										ricostruzione degli avvenimenti dove 
										emergono attraverso le testimonianze dei 
										protagonisti le reticenze, le 
										contraddizioni orientate a escludere 
										ogni responsabilità sulle vicende 
										drammatiche di quei giorni – che vanno 
										dell’annuncio dell’armistizio dell’8 
										settembre tramite Radio Algeri mediante 
										un comunicato del generale Eisenhower, 
										mentre a Roma è in corso il consiglio 
										della Corona che coglie di sorpresa il 
										governo e i comandi militari che stanno 
										discutendo sulle misure da adottare – 
										fino alla fuga delle alte cariche del 
										governo e dello Stato, e dei militari.
										 
										
										  
										
										Le Forze Armate sono lasciate senza 
										ordini alla mercé dei tedeschi, in 
										seguito nessuno di coloro che aveva 
										delle responsabilità di governo o 
										militare ammetterà anche parzialmente 
										una propria colpevolezza di questo 
										disastro nazionale. Nel 1947 la Procura 
										militare riesamina l’evento della 
										mancata difesa di Roma, che si limita a 
										una specifica indagine sull’operato dei 
										generali Carboni e Roatta, dopo due anni 
										si conclude con una sentenza di 
										assoluzione. Questa sentenza non aiuta a 
										far luce sui fatti dell’8 settembre e 
										quello che ne consegue e le falsità che 
										si sono affastellate offuscanola verità 
										dell’intera vicenda.  
										
										  
										
										La documentazione esistente di questa 
										storia è conservata soprattutto presso 
										l’Ufficio Storico dello Stato Maggiore 
										dell’Esercito, ed è consultabile 
										soltanto da pochi anni e messa a 
										disposizione agli studiosi. Nel 
										dopoguerra nel corso degli anni 
										analizzando i fatti dell’8 settembre 
										attraverso la memorialistica dei 
										protagonisti si riscontra quanto sia 
										troppo spesso di parte. Alcuni accusano 
										il re e Badoglio di essere fuggiti e 
										dello sfaldamento delle Forze Armate, 
										altri per giustificare il comportamento 
										della monarchia che ha alterato il 
										numero delle unità tedesche in Italia 
										sostengono la tesi dell’imbroglio degli 
										angloamericani di anticipare l’annuncio 
										dell’armistizio.  
										
										  
										
										Va sottolineato l’aspetto delle 
										relazioni che precedono la resa tra le 
										autorità italiane e gli angloamericani, 
										questa è una condizione essenziale per 
										giungere a un giudizio storico 
										sull’operato del governo italiano al 
										momento della resa. Da parte italiana 
										l’insufficiente documentazione non aiuta 
										a far luce sui fatti, mentre da parte 
										anglosassone esiste una vasta 
										documentazione. Negli anni Sessanta 
										vengono pubblicate memorie degli 
										avvenimenti da parte dei maggiori 
										protagonisti da parte alleata. 
										
										  
										
										
										L’Italia ventre molle dell’Asse 
										(1940-1942) 
										
										  
										
										All’indomani dell’entrata in guerra 
										dell’Italia, il governo inglese prende 
										in considerazione come eliminare dal 
										conflitto l’Italia. Lo stato maggiore 
										predispone un piano strategico che 
										prevede due opzioni: la prima mediante 
										pesanti bombardamenti, l’altra 
										attraverso una intensa azione di 
										propaganda. Alla prime prove negative 
										delle forze italiane, l’Inghilterra 
										rimasta sola a contrastare le forze 
										dell’Asse prende in considerazione la 
										possibilità di una pace separata con 
										l’Italia, affida allo Stato Maggiore 
										britannico il compito di preparare un 
										piano che la porti all’esclusione del 
										conflitto. Ma gli insuccessi militari 
										italiani, sia in Grecia che nello 
										scacchiere africano, richiedono il 
										soccorso della Germania, truppe tedesche 
										sono inviate nell’Africa del Nord, anche 
										allo scopo di non evidenziare che 
										all’interno dell’alleanza dell’Asse 
										esistono delle fragilità. Tutto ciò 
										nella primavera 1941 mette fine alla 
										speranza di giungere a una pace separata 
										con l’Italia.  
										
										  
										
										Di natura diversa è la strategia 
										adottata nel 1940 da presidente 
										Roosevelt, che tenta di convincere 
										Mussolini di restare fuori dal conflitto 
										tramite numerosi appelli dei suoi 
										emissari. Nel 1939 nomina Myron Taylor, 
										un suo rappresentante personale presso 
										la Santa Sede, per interloquire 
										direttamente con il Vaticano e nel marzo 
										1940 invia a Roma il sottosegretario di 
										stato Sumner Welles che si trova in 
										missione in Europa. Al fallimento della 
										missione di tenere l’Italia fuori dal 
										conflitto il presidente USA cambia 
										strategia impegnandosi a spingere 
										l’Italia a una pace separata e avendo la 
										convinzione che l’alleanza tra Germania 
										e Italia sia “innaturale”.  
										
										  
										
										Quando gli Stati Uniti nel dicembre 1941 
										entrano in guerra Roosevelt fa sapere a 
										Vittorio Emanuele III che il governo 
										statunitense continua a perseguire una 
										distinzione tra Italia e Germania, e che 
										non ha ne rivendicazioni né forti 
										rancori nei confronti del nostro Paese. 
										Varie sono le ragioni di questa 
										posizione: Roosevelt poiché convinto che 
										per la maggioranza degli italiani la 
										guerra è impopolare, quindi il distacco 
										dall’alleanza con la Germania e Giappone 
										è possibile anche perché non vi sono 
										contrasti geopolitici gli USA, cosa 
										esistente invece con la Gran Bretagna. 
										Inoltre esiste una folta presenza negli 
										Stati Uniti di una comunità italiana 
										elemento importante elettoralmente, che 
										avrebbe reagito con sfavore a una 
										politica intransigente nei riguardi 
										delle proprie origini.  
										
										  
										
										Le due potenze alleate quindi perseguono 
										posizioni differenti, mentre il 
										Dipartimento di stato americano ha 
										rapporti con gli antifascisti e delle 
										loro ragioni, il Foreign Office 
										britannico fa pressione sul governo USA 
										perché non riconosca una qualche forma 
										di movimento di Italia libera o di 
										governo in esilio. Questa intransigenza 
										è dovuta a un preciso obiettivo 
										politico, il Foreign Office vuole 
										imporre nei confronti dell’Italia una 
										pace punitiva allo scopo d’impedire a 
										qualunque futuro governo italiano di 
										sostenere richieste per l’integrità 
										territoriale e delle colonie e tornare a 
										minacciare la potenza inglese nel 
										Mediterraneo. Ma il primo ministro 
										Churchil è favorevole a una pace 
										separata, per evitare le gravi 
										conseguenze di una occupazione tedesca 
										dell’Italia.  |