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[ISSN 1974-028X]

[REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE CIVILE DI ROMA N° 577/2007 DEL 21 DICEMBRE] *

 

N° 157 / GENNAIO 2021 (CLXXXVIII)


contemporanea

SULL'ARMISTIZIO DELL'8 SETTEMBRE 1943

UNA STORIA ITALIANA / Parte I

di Stelvio Garasi

 

Il compimento dell’armistizio tra l’Italia e le potenze alleate rappresenta un momento importante nel corso del secondo conflitto mondiale. Tale evento è decisivo sia per le vicende interne dell’Italia, sia a livello internazionale e sia per le sorti del conflitto; nel contempo risalta l’inettitudine e la pochezza morale della vecchia classe dirigente ed è anche il primo segnale del crollo dell’Asse e della prossima vittoria finale delle potenze alleate.

 

Altro elemento caratterizzante la data dell’8 settembre nella memoria collettiva è che rappresenta uno dei momenti più tragici della storia dell’Italia unita. Alla proclamazione dell’armistizio il re e le massime autorità – capo del governo e gerarchie militari – fuggono precipitosamente, lasciando come unica direttiva il laconico messaggio alla Nazione e alle Forze Armate letto alla radio (EIAR) alle 19,42 che annunciava al Paese l’avvenuta firma di un armistizio con gli Alleati, quest’ultime dovevano però reagire «ad eventuali attacchi da qualsiasi altra provenienza».

 

Le ripercussioni per l’Italia sono tremende: il disfacimento dell’esercito rimasto senza direttive precise e la chimera di uscire dal conflitto e di schierarsi dalla parte degli Alleati, e ignorare l’umiliazione di paese sconfitto, l’Italia è in preda alla vendetta dei tedeschi, ogni tentativo di resistenza delle truppe italiane viene represso nel sangue.

 

Nelle giornate che seguono le truppe tedesche catturano in Italia e fuori dal territorio nazionale, in Francia, nei Balcani, in Grecia e nelle isole dell’Egeo un milione e settemila militari, circa 280.000 riescono a sottrarsi alla prigionia, 750.000 sono deportati in Germania e Polonia e nei territori occupati dal terzo Reich. Per circa due anni l’Italia diviene un immenso campo di battaglia dove si fronteggiano due eserciti quello alleato che sbarcato in Sicilia nel luglio del 1943, sta risalendo lentamente la penisola e quello tedesco deciso a non arretrare nell’intento di tenere lontano dalla guerra i propri confini.

 

Nel mezzo è coinvolta la popolazione civile vittima di violente incursioni aeree da parte degli Alleati e feroci repressioni da parte degli occupanti tedeschi. Ancora oggi sull’evoluzione dell’armistizio e le risoluzioni politiche che intraprendono il governo italiano e gli Alleati a conclusione delle trattative le cui conseguenze sia militari che politiche meritano attenzione di essere studiati attentamente. Su questo avvenimento infatti gli storici tutt’ora espongono tesi contrastanti.

 

Su questo tema il primo governo antifascista presieduto da Ivanoe Bonomi nell’autunno del 1944 sente il dovere di aprire un’inchiesta, per far luce su alcuni interrogativi. La commissione nominata è presieduta da un civile, l’avvocato Mario Palermo, ne fanno parte anche due alti ufficiali, il generale Pietro Ago e il generale Luigi Amante, i lavori procedono tra molti ostacoli anche se evidenziano le responsabilità del governo presieduto dal maresciallo Badoglio e dalle alte sfere militari sul disfacimento delle Forze armate e della mancata difesa di Roma alle dall’occupante tedesco.

 

L’inchiesta produce una quantità di documentazione, che però non può manifestarsi in una incriminazione sostanziale. Il presidente della commissione si limita a ottenere l’allargamento dell’indagine non solo delle responsabilità militari, ma anche soprattutto di quelle politiche. Contemporaneamente viene costituita un’altra commissione per le sanzioni contro il fascismo istituita con una legge del luglio 1944 che vede come commissario aggiunto il comunista Mauro Scoccimarro che ha come mandato accertare le responsabilità e l’epurazione nei confronti di alti funzionari e di diversi generali che sono messi in congedo per la mancata difesa di Roma, alcuni come i generali Del Tetto e Pettimalli sono arrestati per la mancata difesa di Napoli, vi è anche il tentativo di incriminare lo stesso Badoglio. L’operato dell’alto commissario aggiunto viene però osteggiato all’interno del governo Bonomi e le conseguenti dimissioni dei Ministri Soleri e De Curten e dello stesso Presidente del Consiglio.

 

Una terza inchiesta istituita nel dicembre 1943 per opera del capo di Stato Maggiore Giovanni Messe su incarico di Badoglio ha esiti negativi per l’omertà all’interno delle alte gerarchie militari e anche da parte del promotore, di conseguenza le istruttorie nascondono la verità anziché fare emergere le eventuali responsabilità. Sia la commissione Palermo che quella del comando producono una quantità di materiale importante per la ricostruzione degli avvenimenti dove emergono attraverso le testimonianze dei protagonisti le reticenze, le contraddizioni orientate a escludere ogni responsabilità sulle vicende drammatiche di quei giorni – che vanno dell’annuncio dell’armistizio dell’8 settembre tramite Radio Algeri mediante un comunicato del generale Eisenhower, mentre a Roma è in corso il consiglio della Corona che coglie di sorpresa il governo e i comandi militari che stanno discutendo sulle misure da adottare – fino alla fuga delle alte cariche del governo e dello Stato, e dei militari.

 

Le Forze Armate sono lasciate senza ordini alla mercé dei tedeschi, in seguito nessuno di coloro che aveva delle responsabilità di governo o militare ammetterà anche parzialmente una propria colpevolezza di questo disastro nazionale. Nel 1947 la Procura militare riesamina l’evento della mancata difesa di Roma, che si limita a una specifica indagine sull’operato dei generali Carboni e Roatta, dopo due anni si conclude con una sentenza di assoluzione. Questa sentenza non aiuta a far luce sui fatti dell’8 settembre e quello che ne consegue e le falsità che si sono affastellate offuscanola verità dell’intera vicenda.

 

La documentazione esistente di questa storia è conservata soprattutto presso l’Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell’Esercito, ed è consultabile soltanto da pochi anni e messa a disposizione agli studiosi. Nel dopoguerra nel corso degli anni analizzando i fatti dell’8 settembre attraverso la memorialistica dei protagonisti si riscontra quanto sia troppo spesso di parte. Alcuni accusano il re e Badoglio di essere fuggiti e dello sfaldamento delle Forze Armate, altri per giustificare il comportamento della monarchia che ha alterato il numero delle unità tedesche in Italia sostengono la tesi dell’imbroglio degli angloamericani di anticipare l’annuncio dell’armistizio.

 

Va sottolineato l’aspetto delle relazioni che precedono la resa tra le autorità italiane e gli angloamericani, questa è una condizione essenziale per giungere a un giudizio storico sull’operato del governo italiano al momento della resa. Da parte italiana l’insufficiente documentazione non aiuta a far luce sui fatti, mentre da parte anglosassone esiste una vasta documentazione. Negli anni Sessanta vengono pubblicate memorie degli avvenimenti da parte dei maggiori protagonisti da parte alleata.

 

L’Italia ventre molle dell’Asse (1940-1942)

 

All’indomani dell’entrata in guerra dell’Italia, il governo inglese prende in considerazione come eliminare dal conflitto l’Italia. Lo stato maggiore predispone un piano strategico che prevede due opzioni: la prima mediante pesanti bombardamenti, l’altra attraverso una intensa azione di propaganda. Alla prime prove negative delle forze italiane, l’Inghilterra rimasta sola a contrastare le forze dell’Asse prende in considerazione la possibilità di una pace separata con l’Italia, affida allo Stato Maggiore britannico il compito di preparare un piano che la porti all’esclusione del conflitto. Ma gli insuccessi militari italiani, sia in Grecia che nello scacchiere africano, richiedono il soccorso della Germania, truppe tedesche sono inviate nell’Africa del Nord, anche allo scopo di non evidenziare che all’interno dell’alleanza dell’Asse esistono delle fragilità. Tutto ciò nella primavera 1941 mette fine alla speranza di giungere a una pace separata con l’Italia.

 

Di natura diversa è la strategia adottata nel 1940 da presidente Roosevelt, che tenta di convincere Mussolini di restare fuori dal conflitto tramite numerosi appelli dei suoi emissari. Nel 1939 nomina Myron Taylor, un suo rappresentante personale presso la Santa Sede, per interloquire direttamente con il Vaticano e nel marzo 1940 invia a Roma il sottosegretario di stato Sumner Welles che si trova in missione in Europa. Al fallimento della missione di tenere l’Italia fuori dal conflitto il presidente USA cambia strategia impegnandosi a spingere l’Italia a una pace separata e avendo la convinzione che l’alleanza tra Germania e Italia sia “innaturale”.

 

Quando gli Stati Uniti nel dicembre 1941 entrano in guerra Roosevelt fa sapere a Vittorio Emanuele III che il governo statunitense continua a perseguire una distinzione tra Italia e Germania, e che non ha ne rivendicazioni né forti rancori nei confronti del nostro Paese. Varie sono le ragioni di questa posizione: Roosevelt poiché convinto che per la maggioranza degli italiani la guerra è impopolare, quindi il distacco dall’alleanza con la Germania e Giappone è possibile anche perché non vi sono contrasti geopolitici gli USA, cosa esistente invece con la Gran Bretagna. Inoltre esiste una folta presenza negli Stati Uniti di una comunità italiana elemento importante elettoralmente, che avrebbe reagito con sfavore a una politica intransigente nei riguardi delle proprie origini.

 

Le due potenze alleate quindi perseguono posizioni differenti, mentre il Dipartimento di stato americano ha rapporti con gli antifascisti e delle loro ragioni, il Foreign Office britannico fa pressione sul governo USA perché non riconosca una qualche forma di movimento di Italia libera o di governo in esilio. Questa intransigenza è dovuta a un preciso obiettivo politico, il Foreign Office vuole imporre nei confronti dell’Italia una pace punitiva allo scopo d’impedire a qualunque futuro governo italiano di sostenere richieste per l’integrità territoriale e delle colonie e tornare a minacciare la potenza inglese nel Mediterraneo. Ma il primo ministro Churchil è favorevole a una pace separata, per evitare le gravi conseguenze di una occupazione tedesca dell’Italia. 

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[ iscrizione originaria (aggiornata 2007) al tribunale di Roma (editore eOs): n° 215/2005 del 31 maggio ]